Dalla quarta di copertina: La raccolta delle fiabe francesi più famose tradotte da Carlo Collodi nel 1876 per l'editore Paggi rappresenta a prima vista una svolta inattesa ma piacevole nella carriera dell'autore fiorentino, ma anche un trampolino di lancio per la scrittura di Pinocchio, che vide la luce sempre con la collaborazione di Paggi, e pertanto viene spesso relegata al ruolo di prova generale prima del capolavoro per l'infanzia. La richiesta dell'editore potrebbe palesarsi come una candida operazione commerciale per uno scrittore di mestiere che aspirava a prove ben più alte ma che era legato pur sempre alla sua attività giornalistica. Ma il perché l'editore Paggi, indicato dalla Prefettura come uno dei veri colpevoli che stampano e vendono questi libri perniciosi allo Stato ed alla Santa nostra Religione, dopo aver pubblicato tutta la vita libri clandestini proibiti dalla censura e aver subito perquisizioni e denunce, si fosse messo a stampare fiabe con il beneplacito di quella vecchia volpe di Lorenzini, in arte Collodi, rimane quantomeno oscuro ai più, e quello che agli occhi di un lettore del passato sarebbe sembrato un necessario e potentissimo strumento di satira politica rivoluzionaria e sovversiva alla maniera di La Fontaine, rielaborato in tempi recenti anche da Orwell con La fattoria degli animali, sembra celare ancora i significati più allegorici e moralizzatori della sua feroce critica di opposizione ai traditori del Risorgimento e al potere meschino della classe dirigente.
