Il commissario Pepe
È il 20 aprile del 1964 quando sul tavolo del commissario Gennaro Pepe, a dispetto del nome settentrionalissimo commissario di una settentrio-nalissima città del nord est, viene depositata la bomba: due fascicoloni con su scritto «Villa Norma» e «Piazza Cavour 113». In questura, prov-vedimenti urgenti attendono di essere controfirmati e deliberati, precisamente sette mandati di cattura, undici di perquisizione, trentadue ordini di comparizione. Un vero terremoto, tale da cambiare i connotati della città e mettere a grave repentaglio il già sospettabile nome di almeno cinquanta famiglie. Innanzi tutto le famiglie dei piú stretti collaboratori del commissario Pepe, visto che la figlia primogenita del maresciallo e la cognata del vice-commissario sono coinvolte in un giro di prostituzione che ha tra i suoi prim’attori industriali noti e stimati in città, contesse trasformatesi in te-nutarie, minorenni che esercitano in appartamenti di lusso del centro. Vedovo ormai sessantenne, custode dell’ordine pubblico e dell’«olimpica serenità» del capoluogo, Pepe ha sempre vissuto « un’esistenza senza scosse o patemi» di osservatore e accanito lettore di provincia. Significativamente, l’ultimo titolo della sua biblioteca è La peste di Camus. Farebbe volentieri a meno di quell’«inchiesta malaugurata», che minaccia il clima d’idillio di una città in cui cinque miliardari e il vescovo si contendono il potere tra sorrisi, dispettucci e avvertimenti indecifrabili per la gente comune. Saranno le letture o l’abitudine al vizio propria dell’uomo di legge, tuttavia Pepe sa già che in quei fascicoli è nascosta una vera e propria malattia sociale capace di estendere il suo contagio a macchia d’olio. Ragazze e donne «perbene» che si danno alla prostituzione e non per bisogno di denaro, ma per la brama incontenibile «di esperienze e di sfoghi»! Pubblicato per la prima volta nel 1965 dall’editore Neri Pozza e trasposto in film da Ettore Scola nel 1969, con Ugo Tognazzi in grande spolvero nei panni dell’investigatore, e Silvia Dionisio in quelli della sua ambigua fidanzata Matilde, «signorina gozzaniana e inopinata vestale del porno», Il commissario Pepe si inserisce perfettamente e con indiscussa originalità nella cronologia del giallo italiano, avviata negli anni Trenta dalla ricerca di un Simenon nostrano, riaperta autorevolmente dal Pasticciaccio di Gadda e, tra gli anni Cinquanta e Settanta, costantemente emersa nel poliziesco d’autore d’ambientazione regionale, che da Ugo Moretti conduce fino a Fruttero & Lucentini. «Un romanzo trasgressivo» in cui «la figura sacra alla tradizione giallistica, della compagna dell'invesigatore, ne travolge il carisma... Signorina gozzaniana e inopinata vestale del porno... Matilde è un personaggio inedito e forse tra i più scandalosi nella galleria femminile del Novecento». Alessandro Scarsella
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Il commissario Pepe
È il 20 aprile del 1964 quando sul tavolo del commissario Gennaro Pepe, a dispetto del nome settentrionalissimo commissario di una settentrio-nalissima città del nord est, viene depositata la bomba: due fascicoloni con su scritto «Villa Norma» e «Piazza Cavour 113». In questura, prov-vedimenti urgenti attendono di essere controfirmati e deliberati, precisamente sette mandati di cattura, undici di perquisizione, trentadue ordini di comparizione. Un vero terremoto, tale da cambiare i connotati della città e mettere a grave repentaglio il già sospettabile nome di almeno cinquanta famiglie. Innanzi tutto le famiglie dei piú stretti collaboratori del commissario Pepe, visto che la figlia primogenita del maresciallo e la cognata del vice-commissario sono coinvolte in un giro di prostituzione che ha tra i suoi prim’attori industriali noti e stimati in città, contesse trasformatesi in te-nutarie, minorenni che esercitano in appartamenti di lusso del centro. Vedovo ormai sessantenne, custode dell’ordine pubblico e dell’«olimpica serenità» del capoluogo, Pepe ha sempre vissuto « un’esistenza senza scosse o patemi» di osservatore e accanito lettore di provincia. Significativamente, l’ultimo titolo della sua biblioteca è La peste di Camus. Farebbe volentieri a meno di quell’«inchiesta malaugurata», che minaccia il clima d’idillio di una città in cui cinque miliardari e il vescovo si contendono il potere tra sorrisi, dispettucci e avvertimenti indecifrabili per la gente comune. Saranno le letture o l’abitudine al vizio propria dell’uomo di legge, tuttavia Pepe sa già che in quei fascicoli è nascosta una vera e propria malattia sociale capace di estendere il suo contagio a macchia d’olio. Ragazze e donne «perbene» che si danno alla prostituzione e non per bisogno di denaro, ma per la brama incontenibile «di esperienze e di sfoghi»! Pubblicato per la prima volta nel 1965 dall’editore Neri Pozza e trasposto in film da Ettore Scola nel 1969, con Ugo Tognazzi in grande spolvero nei panni dell’investigatore, e Silvia Dionisio in quelli della sua ambigua fidanzata Matilde, «signorina gozzaniana e inopinata vestale del porno», Il commissario Pepe si inserisce perfettamente e con indiscussa originalità nella cronologia del giallo italiano, avviata negli anni Trenta dalla ricerca di un Simenon nostrano, riaperta autorevolmente dal Pasticciaccio di Gadda e, tra gli anni Cinquanta e Settanta, costantemente emersa nel poliziesco d’autore d’ambientazione regionale, che da Ugo Moretti conduce fino a Fruttero & Lucentini. «Un romanzo trasgressivo» in cui «la figura sacra alla tradizione giallistica, della compagna dell'invesigatore, ne travolge il carisma... Signorina gozzaniana e inopinata vestale del porno... Matilde è un personaggio inedito e forse tra i più scandalosi nella galleria femminile del Novecento». Alessandro Scarsella
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È il 20 aprile del 1964 quando sul tavolo del commissario Gennaro Pepe, a dispetto del nome settentrionalissimo commissario di una settentrio-nalissima città del nord est, viene depositata la bomba: due fascicoloni con su scritto «Villa Norma» e «Piazza Cavour 113». In questura, prov-vedimenti urgenti attendono di essere controfirmati e deliberati, precisamente sette mandati di cattura, undici di perquisizione, trentadue ordini di comparizione. Un vero terremoto, tale da cambiare i connotati della città e mettere a grave repentaglio il già sospettabile nome di almeno cinquanta famiglie. Innanzi tutto le famiglie dei piú stretti collaboratori del commissario Pepe, visto che la figlia primogenita del maresciallo e la cognata del vice-commissario sono coinvolte in un giro di prostituzione che ha tra i suoi prim’attori industriali noti e stimati in città, contesse trasformatesi in te-nutarie, minorenni che esercitano in appartamenti di lusso del centro. Vedovo ormai sessantenne, custode dell’ordine pubblico e dell’«olimpica serenità» del capoluogo, Pepe ha sempre vissuto « un’esistenza senza scosse o patemi» di osservatore e accanito lettore di provincia. Significativamente, l’ultimo titolo della sua biblioteca è La peste di Camus. Farebbe volentieri a meno di quell’«inchiesta malaugurata», che minaccia il clima d’idillio di una città in cui cinque miliardari e il vescovo si contendono il potere tra sorrisi, dispettucci e avvertimenti indecifrabili per la gente comune. Saranno le letture o l’abitudine al vizio propria dell’uomo di legge, tuttavia Pepe sa già che in quei fascicoli è nascosta una vera e propria malattia sociale capace di estendere il suo contagio a macchia d’olio. Ragazze e donne «perbene» che si danno alla prostituzione e non per bisogno di denaro, ma per la brama incontenibile «di esperienze e di sfoghi»! Pubblicato per la prima volta nel 1965 dall’editore Neri Pozza e trasposto in film da Ettore Scola nel 1969, con Ugo Tognazzi in grande spolvero nei panni dell’investigatore, e Silvia Dionisio in quelli della sua ambigua fidanzata Matilde, «signorina gozzaniana e inopinata vestale del porno», Il commissario Pepe si inserisce perfettamente e con indiscussa originalità nella cronologia del giallo italiano, avviata negli anni Trenta dalla ricerca di un Simenon nostrano, riaperta autorevolmente dal Pasticciaccio di Gadda e, tra gli anni Cinquanta e Settanta, costantemente emersa nel poliziesco d’autore d’ambientazione regionale, che da Ugo Moretti conduce fino a Fruttero & Lucentini. «Un romanzo trasgressivo» in cui «la figura sacra alla tradizione giallistica, della compagna dell'invesigatore, ne travolge il carisma... Signorina gozzaniana e inopinata vestale del porno... Matilde è un personaggio inedito e forse tra i più scandalosi nella galleria femminile del Novecento». Alessandro Scarsella

Product Details

ISBN-13: 9788862511759
Publisher: Giano
Publication date: 12/02/2015
Sold by: eDigita
Format: eBook
Pages: 136
File size: 281 KB
Language: Italian

About the Author

Ugo Facco De Lagarda nacque a Venezia nel 1896 e morì nel 1982. Direttore di banca, studioso di storia e di economia, poeta e romanziere, autore di elzeviri e collaboratore di riviste come «Il Mondo» e «Il Ponte», scrisse numerose opere tra le quali, oltre al Commissario Pepe, va ricordata La grande Olga. Nel 1997 L'Ateneo Veneto, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Marciana e con il Comune di Venezia, gli ha dedicato un grande convenio curato da Alessandro Scarsella.
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