Morgantina Studies, Volume III: Fornaci e Officine da Vasaio Tardo-ellenistiche. (In Italian) (Late Hellenistic Potters' Kilns and Workshops)

Morgantina Studies, Volume III: Fornaci e Officine da Vasaio Tardo-ellenistiche. (In Italian) (Late Hellenistic Potters' Kilns and Workshops)

by Ninina Cuomo di Caprio
Morgantina Studies, Volume III: Fornaci e Officine da Vasaio Tardo-ellenistiche. (In Italian) (Late Hellenistic Potters' Kilns and Workshops)

Morgantina Studies, Volume III: Fornaci e Officine da Vasaio Tardo-ellenistiche. (In Italian) (Late Hellenistic Potters' Kilns and Workshops)

by Ninina Cuomo di Caprio

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Overview

The kilns at Morgantina, site of the well-known excavations in central Sicily, are an outstanding example of multiple potters' workshops in use during the late Hellenistic period. In fully documenting these ten kilns, excavated between 1955 and 1963, Ninina Cuomo di Caprio offers both a representative cross-section of the physical setting of ceramic production in this ancient Greek city and evidence for its daily industrial activity. She includes detailed plans and section drawings of each kiln and formulates hypotheses on its operation in light of modern thermodynamics. The text, which is in Italian, is preceded by an English-language summary. Cuomo di Caprio's archaeological study of the kiln structures and their ceramic products is supplemented by such diagnostic tools as thermoluminescence analysis, neutron activation analysis, X-ray diffraction, and optical examination by polarizing microscope. Opening an entirely new window into the everyday working practices of the Morgantina potters, this study demonstrates that they operated at a very sophisticated level: selecting and purifying specific clays, and adding certain materials to manipulate their working and firing characteristics.

Originally published in 1992.

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Product Details

ISBN-13: 9780691605166
Publisher: Princeton University Press
Publication date: 07/14/2014
Series: Publications of the Department of Art and Archaeology, Princeton University , #1196
Pages: 290
Product dimensions: 8.40(w) x 10.90(h) x 0.60(d)

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Morgantina Studies Volume III


By Ninina Cuomo Di Caprio

PRINCETON UNIVERSITY PRESS

Copyright © 1992 Princeton University Press
All rights reserved.
ISBN: 978-0-691-04014-1



CHAPTER 1

Catalogo delle fornaci


Nel presente studio è stato seguito il criterio di descrivere dapprima le officine da vasaio che comprendevano più fornaci, indi quelle che ne avevano una sola, assegnando sia alle officine sia alle fornaci una propria numerazione. Per ogni officina viene fornita una descrizione generale completata dall'indicazione dei manufatti ceramici ivi ritrovati in base ai relativi giornali di scavo, indicazione limitata alle classi di materiali senza ulteriori precisazioni in quanto di regola si tratta di materiali rinvenuti in seconda giacitura oppure perche, in taluni casi, mancano dati esatti sul rinvenimento. Soltanto per i ritrovamenti effettuati nelle officine site nel Granaio Est e nella Casa dell'Ufficiale e stato possibile riportare i numeri di inventario assegnati da S. Stone nella sua dissertazione di dottorato (con aggiunte successive), il quale ha seguito il criterio di catalogare i reperti integri ? comunque in buone condizioni di conservazione, nonche i frammenti particolarmente significativi e/o rappresentativi della relativa classe.

Le classi di materiali sono indicate con termini inglesi, e ciò sia perchè sono gli stessi termini originariamente usati nei giornali di scavo, sia perche la pubblicazione finale di questi manufatti comparirà ad opera di S. Stone in lingua inglese, per cui una traduzione fatta oggi in italiano, senza avere la disponibilita dei disegni delle forme, potrebbe poi risultare imprecisa.

Alla descrizione di ogni officina segue la descrizione delle fornaci, che vengono quindi trattate due volte, la prima volta a livello generale nell'ambito dell'officina di appartenenza, e la seconda volta a livello di singole unità.

La numerazione è la seguente:

Officina
Ubicazione
Fornace n.


I Officina da vasaio Granaio Est 1-2-3
II Officina da vasaio Casa dell'Ufficiale 4-5-6
III Officina da vasaio Santuario Centrale 7
IV Officina da vasaio Stoà Nord 8
V Officina da vasaio Stoà Est 9
VI Officina da vasaio fortificazioni ("Fornace Grande") 10


Soltanto una delle dieci fornaci, la n. 1, è in buone condizioni di conservazione; le altre sono in stato di degrado più o meno accentuato e le due contraddistinte dai nn. 3 e 8 consistono in pochi resti arrossati dal fuoco.

Lo studio delle fornaci implica una conoscenza, seppure generica, della geologia della zona: alcune di esse sono parzialmente interrate, per cui conoscere l'aspetto strutturale del terreno aiuta a meglio comprendere come l'artigiano-costruttore abbia adattato ogni fornace alla natura del suolo. Prospezioni geologiche sono state condotte a Morgantina nel 1959 da S. Judson, e qui ci si limita a fornire alcune informazioni generali.

Morgantina sorge sul pianoro di Serra Orlando che si estende sopra alcune vallate coltivate a cereali (Tavv. 1–3); nella vallata settentrionale scorre il fiume Gornalunga che va a sfociare nella Piana di Catania laddove, vicino al mare, incontra il fiume Simeto che, nato nei monti Nebrodi, arriva al mare Ionio dopo aver costeggiato il monte Etna. Nelle immediate vicinanze del pianoro, separata da uno stretto avvallamento, si eleva la Cittadella, nome dato alla collina alta circa m 600, sede di insediamenti che vanno dalla tarda età del bronzo alla prima età ellenistica; sullo sfondo si intravvede il vulcano etneo, significativo punto di riferimento e presenza costante nel panorama di Morgantina (Tav. 2). Sul pianoro è sorta la città con impianto urbanistico ortogonale risalente alla metà del V sec. a.C., con sviluppo architettonico in età ellenistica; nella parte centro-meridionale del pianoro, leggermente degradante e fiancheggiata ai lati da due basse colline qui denominate rispettivamente Collina Est e Collina Ovest, si trova l'agorà che è suddivisa in due zone, l'agorà superiore e l'agorà inferiore, arricchite di notevoli edifici pubblici nel III sec. a.C., periodo di massima fioritura della città.

Sotto il profilo geologico, il pianoro è formato prevalentemente da calcareniti, rocce calcaree detritiche assai comuni, che qui si rivelano in una serie di banchi di sabbia calcarea leggermente cementata, frammisti a rocce calcaree compatte che a tratti emergono in superficie sotto forma di spuntoni duri, nodosi e corrosi. I banchi sabbiosi hanno una granulometria piuttosto fine, colore giallo tenue molto chiaro, e sono ricchi di macro- e micro-fossili: molto comuni sono i gusci di microforaminiferi, i frammenti calcarei di fossili di dimensioni maggiori, le conchiglie e i noduli carbonatici. In alcuni tratti i banchi si presentano come sabbia quasi incoerente, essendo legati da scarso cemento carbonatico, e sono molto facili da incidere e da scavare. Quanto alle rocce calcaree compatte che a tratti affiorano in superficie, esse hanno una buona consistenza, potendo costituire materiale edilizio seppure di qualità non pregiata, e gli antichi abitanti della città ne hanno fatto ampio uso, come dimostra quella parte dell'agorà superiore sita ai piedi della Collina Est che è stata spianata per creare la superfìcie pianeggiante che ha poi accolto la Stoà Est. Il materiale ottenuto dagli sbancamenti è servito per vari scopi, ad esempio per formare il muro di terrazzamento e quello di fondo della Stoà Est, nonché per ricavarne blocchi grandi e piccoli poi utilizzati per costruire le fortificazioni, i muri di edifìci sia pubblici sia privati, i gradini della grande scalinata posta al centro dell'agorà, e anche per costruire i muri esterni di buona parte delle fornaci esaminate nel presente studio.


I Officina da vasaio: Granaio Est, fornaci nn. 1-2-3

Fig. 1; Tavv. 4–9, 56–59

Bibliografia: PR IV, p. 130; PR V, p. 277

Nella zona sud-est dell'agorà negli anni 1959–1960 è stato riportato alla luce un edifìcio sviluppato in lunghezza (m 92.80) e limitato in larghezza (m 7.80), con grossi muri dello spessore di m 0.70, oggi conservati per un'altezza di circa un metro, formati da massi calcarei squadrati poggianti direttamente sopra le calcareniti che costituiscono il pianoro (Tav. 4). La facciata dell'edifìcio guarda verso l'agorà inferiore, mentre il retro costeggia la Collina Est su cui sorgeva uno dei quartieri residenziali della città e dal cui pendio lungo i secoli sono franate vaste masse di terra e di materiale detritico di ogni genere che avevano più o meno coperto tutta la zona. Essendo privo di decorazioni architettoniche, si ritiene che l'edificio sia stato costruito per scopi legati a un'attività economica, e precisamente per servire da magazzino per il grano, per cui gli è stata assegnata la denominazione di Granaio Est.

Databile alla seconda metà del III sec. a.C., la costruzione ha avuto differenti utilizzazioni, durante l'ultima delle quali, attribuita al II—I sec. a.C., un vasaio ha installato tre fornaci nel vano situato all'estremità nord (Fig. 1). Il vano misura m 8.80 x 6.20 ed è munito di due porte ubicate in posizione contrapposta, attraverso le quali si accede rispettivamente ad un ambiente esterno e ad un altro vano del granaio, pure molto ampio, che dà anch'esso accesso all'esterno tramite una larga porta.

Ciascuna delle tre fornaci occupa uno degli angoli del vano. La fornace più grande (n. 1) è in buone condizioni e conserva tutti i suoi elementi strutturali; la fornace medio-piccola (n. 2) è conservata soltanto nella parte inferiore; la fornacetta (n. 3) è in pessime condizioni e consiste in pochi resti arrossati dal fuoco.

Il quarto angolo del vano è attualmente occupato da un ammasso di materiale frammentario, rinvenuto al momento dello scavo, sebbene non si possa escludere che nel lungo lasso di tempo trascorso dagli anni '60 ad oggi sia avvenuta qualche infiltrazione di materiale sporadico. Nell'ammasso si notano alcuni blocchi di terracotta greificata, dal colore verde-bruno e grossomodo in forma di parallelepipedo, con qualche accenno di curvatura. I blocchi sono lacunosi: le misure dei frammenti più grandi raggiungono cm 25 in lunghezza, cm 15 in larghezza e uno spessore massimo di cm 13–15; essi mostrano un alto grado di compattezza e sembrano essere stati modellati con argilla ricca di degrassante siliceo, osservazione confermata dall'esame microscopico (App. 3, gruppo 2i, SS F-80).

Quanto alla funzione di questi blocchi, l'aspetto greificato e la superficie cosparsa da bolle di fusione dimostrano che essi hanno subito ripetutamente la violenta azione del fuoco, onde si potrebbe ipotizzare che si tratti di parti degli archi-costolone che in certi tipi di fornaci sostenevano il piano forato a guisa di grosse nervature. In tal caso si porrebbe l'interrogativo circa la fornace da cui dovrebbero provenire i frammenti in questione, visto che essi non appartengono alle tre fornaci del Granaio Est perchè la n. 1 conserva tuttora i suoi archi e le nn. 2 e 3 sono troppo piccole per simili elementi strutturali. Si potrebbe quindi avanzare l'ipotesi che questi frammenti appartenessero a fornaci smantellate in antico, ipotesi da tenere presente in futuro allorché si vorrà fare una panoramica d'insieme delle attività produttive di Morgantina.

Manufatti ceramici ritrovati nell'officina e nelle fornaci (con l'avvertenza però che potrebbe trattarsi di materiali in seconda giacitura, come indicato all'inizio del presente capitolo):

Lamps

Kitchen wares

Tiles

Bricks

Water pipes

Campana C black gloss wares: Stone Diss., pp. 111-122; bowls: 80-645, 80-641, 80-642, 79-650, 80-633, 79-356, 80-649, 80-622, 79-355A; jugs: 80-626, 80-628, 80-627, 80-634, 80-625, 80-624, 79-357, 80-623. Later additions (not included in Stone Diss.): plates/platters: 59-2193, 59-2195, 59-2191, 59-2194, 59-2196, 59-2202, 59-2192, 59-2204, 59-2190; cups/bowls: 59-2203, 59-2208, 59-2200, 59-2197, 59-2198, 59-2199, 59-2206, 59-2207, 59-2205, 59-2201

Other black gloss wares: Stone Diss., p. 136; cup: 80-646

Presigillata wares: Stone Diss., pp. 182-187; cups/bowls: 80-632, 80-647, 80-641, 80-631

Thin-walled wares (later addition, not included in Stone Diss.): 59-2189

Moulded relief ware, stamps: Stone Diss., pp. 328-333; 59-2065, 59-1182, 61-1447; Megarian bowls: Stone Diss., pp. 361-362; 80-643, 80-644, 80-620, 79-358, 80-619, 79-355B

Utilitarian wares: Stone Diss., p. 473; plates: 80-629, 80-630


FORNACE N. I

Lunghezza totale: m 3.10

Prefurnio: lungh. m 1.70, largh. m 0.70-0.90, alt. m 1.90. Il pavimento è a m -0.60 rispetto all'ingresso e alla camera di combustione

Camera di combustione: diam. m 1.40, alt. m 1.30. Due archi-costolone paralleli, aventi spessore m 0.15 circa, reggono il piano forato; l'imposta degli archi è a quota m + 0.60 da terra

Piano forato: diam. m 1.40, spess. m 0.10–0.20. 25 fori, dei quali 14 periferici con diam. m 0.10-0.15, e 11 centrali con diam. m 0.10

Camera di cottura: diam. m 1.40, alt. massima residua della parete m 0.50, spess. m 0.35-0.50; porta di accesso: largh. m 0.60


Orientata a nord-ovest, la fornace (Tavv. 5–7, 56, 57) è costruita a diversi livelli rispetto al piano di campagna: la camera di cottura è sopraelevata, il piano forato è a livello di pavimentazione, il prefurnio e la camera di combustione sono interrati a una profondità di circa due metri, scavati nelle calcareniti che in questo tratto sono formate prevalentemente da banchi di sabbia calcarea fine e poco coerente, quindi molto facili da incidere. Oggi, per accedere al prefurnio occorre scendere in una "buca" di dimensioni molto ristrette, di circa un metro quadrato, poiché il restauro, effettuato con grossi blocchi squadrati (Tav. 5) per evitare pericoli di franamento del terreno circostante, ha ulteriormente ristretto lo spazio già angusto in origine che era a disposizione del fornaciaio per immettere il combustibile dentro la fornace (le parti di restauro sono indicate a tratteggio e con linea discontinua nei disegni alle Tavv. 56 e 57).

Il prefurnio (Tav. 6) ha forma di tunnel ad altezza d'uomo, con volta ad ogiva che oggi si presenta lacunosa essendo crollata la parte iniziale. La larghezza va da m 0.70 a m 0.90; il pavimento è a un livello inferiore di circa m 0.60 rispetto sia alla "buca" di accesso sia alla camera di combustione, e presenta dei gradini verso entrambe. Per costruire il gradino verso la "buca" l'artigianocostruttore ha utilizzato materiale di recupero; sebbene sia possibile vederne soltanto, e a malapena, la parte frontale, si distinguono dei rocchi di colonna di terracotta (altezza cm 7–8) e del tegolame sovrapposto. Verso la camera di combustione i gradini sono oggi due, coperti con materiale moderno essendo stati restaurati in epoca recente. Il pavimento del prefurnio giace quindi in una sorta di incavatura profonda circa m 0.60, il che porta a presumere che il costruttore abbia voluto creare un ampio cinerario dove l'abbondante cenere residuata dalla combustione potesse via via accumularsi, senza intralciare la continuazione del ciclo di cottura. Questa ipotesi è confermata dal fatto che le parti più basse delle pareti hanno la superficie liscia e non mostrano segni di vetrificazione: è ragionevole supporre che la cenere che vi si ammassava sin dall'inizio della cottura le abbia protette dal calore troppo violento.

Le pareti e la volta del prefurnio sono completamente rivestite con frammenti di tegolame: l'artigiano ha dapprima scavato nelle calcareniti il tunnel, indi per impedire al calore di causare lo sgretolamento della friabile roccia ha fatto ricorso a una tecnica semplice ed economica, sovrapponendo in filari orizzontali dei frammenti di tegolame e unendoli tra loro con abbondante malta sino a rivestire l'intero ambiente (infra, Cap. II, pp. 53–55). Si contano nelle pareti circa 50 filari, nella volta ad ogiva 18/20 filari; quasi tutti i frammenti sono diritti, pochi sono curvi o hanno comunque forma non piana; presumibilmente sono stati ricavati dai coppi usati per la copertura dei tetti. La lunghezza del lato in facciata va da cm 5 a cm 20, lo spessore è circa cm 2, la profondità si aggira tra cm 5 e cm 10, sebbene quest'ultima sia difficile da misurare essendo i frammenti visibili soltanto frontalmente.

Pareti e volta del prefurnio mostrano di avere subito l'intensa azione del calore; i frammenti di tegolame hanno assunto colore grigio-verdastro con sfumature più o meno brune e aspetto greificato con numerose bollicine e alveoli di fusione: in qualche zona il calore è stato talmente violento da fonderli insieme, amalgamandoli in un'unica superficie verdognola, costellata da miriadi di minuscoli crateri che richiamano l'aspetto della superficie lunare. La malta che tiene uniti i frammenti ha notevole spessore, da cm 1 a cm 2, è composta da abbondante sabbia quarzifera di granulometria irregolare mescolata a calce e argilla; le ripetute cotture l'hanno trasformata in materiale spugnoso e friabile, dal colore grigio chiaro, che tende a sbriciolarsi (App. 3, gruppo 2b, SS F-6). Il rivestimento formato dai frammenti di tegolame è stato a sua volta ricoperto da un intonaco per proteggerlo dal contatto diretto con le fiamme: ne sono rimasti alcuni resti che si staccano a scagliette al minimo urto (infra, Cap. II, p. 54).

Minore devastazione ha arrecato il fuoco alla camera di combustione (Tav. 7:a), cui si accede dal prefurnio attraverso gli scalini prima descritti; essa è rotonda e ha la parete rivestita con frammenti di tegolame per un totale di circa 40 filari. Il pavimento è formato da materiale biancastro a grana molto fine, simile a calce: si tratta dello strato superficiale delle calcareniti che l'artigiano aveva scavato in origine per costruire la fornace, strato che ha subito la ripetuta azione del fuoco decomponendosi in materiale non coerente e polverulento. Materiale biancastro analogo si trova anche sul fondo della camera di combustione della fornace n. 10, e la sua composizione calcareo-quarzosa è confermata dall'esame mineralogico-petrografico (App. 3, gruppo 2a, SS F-7 e F-8).

Sempre nella camera di combustione, a circa metà altezza delle pareti si innestano due archicostolone che sorreggono il piano forato e svolgono la funzione di impalcatura del piano stesso (Tav. 7:a). I due costoloni sono paralleli tra loro e trasversali rispetto al prefurnio; distano circa cm 40 l'uno dall'altro e la loro imposta (punto di partenza dell'arco) è a quota m + 0.60 da terra; via via che si incurvano si fanno più grossi, sporgendo all'infuori a guisa di grosse nervature. Per quanto è possibile vedere dall'esterno, sono stati modellati con argilla refrattaria che le ripetute cotture hanno reso molto compatta; la loro superficie dal colore verdognolo è greificata e corrosa dal fuoco, ed è solcata da numerose fessure che con il passare del tempo tendono ad ampliarsi in crepe che facilmente provocano il distacco di grosse scaglie, laddove i recenti restauri non abbiano fatto opera di consolidamento.


(Continues...)

Excerpted from Morgantina Studies Volume III by Ninina Cuomo Di Caprio. Copyright © 1992 Princeton University Press. Excerpted by permission of PRINCETON UNIVERSITY PRESS.
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Table of Contents

  • FrontMatter, pg. i
  • Indice, pg. v
  • Editors’ Preface, pg. vii
  • Abbreviazioni, pg. ix
  • Indice delle tavole, pg. xix
  • Indice delle figure nel testo, pg. xxiv
  • Introduzione, pg. 3
  • I. Catalogo delle fornaci, pg. 9
  • II. Profilo generale delle officine da vasaio e aspetti tecnici delle fornaci, pg. 41
  • III. Produzione ceramica, pg. 79
  • IV. Considerazione finali, pg. 97
  • Appendici tecniche: Premessa, pg. 105
  • English abstract, pg. 181
  • Indice analitico, pg. 185
  • Indice topografico, pg. 191
  • Tav. 1–Tav.21, pg. 195
  • TAV. 22– TAV.42, pg. 216
  • TAV. 43–Tav. 68, pg. 237



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